Peso | 2 kg |
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OCTOMORE 14.1 70 CL
175,00 €
59.1%
Alla vista si presenta in una chiara tonalità di giallo paglierino.
Dopo adeguata areazione, inizio lentamente l’avvicinamento al naso per timore reverenziale nei confronti dei suddetti numeri, ma sono piacevolmente sorpreso: i sentori sono sì caratterizzati, ma non estremi o intollerabili. La coltre alcolica è notevole, ma non disturba per niente, nemmeno con un leggero pizzicore al naso. E, come per i Port Charlotte fin qui recensiti, la torbatura è impossibilmente delicata: in questo caso ricorda più un elegante tè affumicato che un fumoso pezzo di torba. Dopo poco lascia passare intense note di malto e biscotto, sintomo di gioventù, ma che ben si configurano in una gustosa sensazione di scones. Più in fondo ritorna la torba con una intrigante, anche se un pelo stordente, nota oleosa di rosa canina, seguita poi da terra umida e dal ritorno della torba e dell’alcol che costringono infine a distogliere il naso dal bordo del bicchiere. Insomma, un naso davvero particolare e difficile, con alternanza di sentori facili e mielosi a durezze peraltro lontane dalla tradizionale idea di torba degli Islay.
Bene, visto che siamo sopravvissuti al naso, procediamo senza indugio con la degustazione: consiglio vivamente di usare il metodo delle cinque gocce per non farsi un’idea sbagliata di questo Octomore.
Visti i quasi sessanta gradi, al palato risulta ovviamente intenso, ma se affrontato nel giusto modo è possibile non farsi saturare le papille solo dall’alcol e riuscire ad assaporarlo nella sua complessità. Anche da questo punto di vista non è un whisky facile, ma non è nemmeno estremo: richiede solo attenzione. Il sorso parte infatti con un’avvolgente oleosità che immediatamente ricopre l’intero palato per poi iniziare a distribuire intense sferzate di torba vanigliata che ripropongono l’ottima combinazione dei toni maltati e fumosi del naso. Il sorso è lungo, l’alcol satura la gola e bisogna ben distanziare i sorsi, magari alternandoli a un po’ d’acqua, per poterli gustare appieno. Ritorna infatti quella nota terragna, di rosa, forse anche con una zest di zenzero e di buccia d’arancia, ma non c’è nulla di immediato e predominante. La chiusura è però giovane: c’è dell’anisette, della ceralacca, del tostato, ma il carattere spiritato prende a dominare e denota il poco invecchiamento.
Chi si aspetta una bomba torbata all’ennesima potenza rimarrà forse deluso: è un whisky in realtà molto elegante e ben poco in linea con l’idea machista che può provenire da una lettura superficiale dei numeri di produzione. Allo stesso tempo è anche un whisky giovane: i sentori ci sono, e non sono affatto male, ma non sono perfettamente integrati nella trama del distillato, e si alternano in ondate che lasciano tanto sorpresi quanto interdetti.
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